Il 24° film della serie, diretto nuovamente da Sam Mendes, non riesce a ripetere i fasti del precedente "Skyfall" e, con la pretesa del blockbuster d' autore, chiude in modo deludente il "periodo" Daniel Craig.
Un misterioso messaggio riguardante il proprio passato convince James Bond a partire verso una nuova missione che gli permette di scoprire l’esistenza di una sinistra organizzazione nota col nome di SPECTRE. Nel frattempo, a Londra il nuovo capo del Centro per la Sicurezza Nazionale indaga sulla missione e mette in dubbio il valore della sezione MI6 e di Bond stesso. Mentre l’ agente 007 si inoltra nel cuore di SPECTRE, scopre l’esistenza di un legame inquietante con il nemico.
Dopo aver rivitalizzato con gran successo la carriera cinematografica di James Bond con Skyfall – dopo il mezzo passo falso di Quantum Of Solace e appena in tempo per il 50° anniversario dalla prima apparizione su grande schermo dell’ agente 007 – Sam Mendes (American Beauty) tenta con Spectre di riprendere la formula risultata vincente nel 2012 ovvero azione, ovviamente, ma anche “umanizzazione” di un personaggio che nel corso degli anni è diventato modello e stereotipo. Di per sé questa non sarebbe una gran novità: gia nel 1969, con Al Servizio Segreto Di Sua Maestà Britannica, il Bond di George Lazenby risultava più complesso che non quello dell’ “era Connery”, tutto donne, pugni e Martini, e persino nei due Bond di Timothy Dalton (universalmente riconosciuti tra i più brutti della serie) il lato psicologico del personaggio aveva netta rilevanza, svolta ai tempi inedita – e, chissà, forse non completamente capita - specialmente dopo la “sbornia” quasi cartoonesca dei Bond con Roger Moore (il Bond “piacione” di Pierce Brosnan forse meriterebbe un discorso a parte…).
La combinazione azione/narrazione – non perfetta, ma ben bilanciata in Skyfall - in Spectre sbanda in maniera incontrollata e la lentezza della predominante psicologica, troppo invadente e spesso pretenziosa, legata alla volontà di dare un passato “solido” e reale al personaggio Bond finisce per spegnere più volte il ritmo della pellicola, sostituendo la visione passiva al presunto pathos. Il film non vive di una vera narrazione fluida, ma procede per blocchi quasi autonomi, e ciò non riesce a generare quella sensazione di minaccia ricorrente che le sequenze volutamente cupe vorrebbero richiamare. Non aiutano nemmeno le scene di azione (fatto salvo il folgorante prologo in - finto - piano sequenza ambientato in Messico durante il Día de los Muertos, il resto è abbastanza anonimo e privo di mordente), né il cast di comprimari: Christoph Waltz, il cattivo Oberhauser, è poco più di una comparsa di lusso, il possente Dave Bautista, nelle intenzioni erede dei vari pittoreschi villain quali Oddjob (Missione Goldfinger) e “Squalo” (La Spia Che Mi Amava e Moonraker) è tutto tranne che una presenza minacciosa e le presenze femminili di contorno (Bellucci compresa) scompaiono - più o meno fortunatamente - in un battito di ciglia.
Paradossalmente, risulta quasi più interessante - per quanto abbastanza risaputa e dall’ esito scontato - la sottotrama che vede il rampante nuovo capo del Centro per la Sicurezza Nazionale Max Denbigh (Andrew Scott) scontrarsi con M (Ralph Fiennes) sulla presunta inutilità della sezione Mi6 e dell’ agente 007 stesso, così come si salvano, mantenendo una continuità di stile col passato nonostante l’ ovvio avvicendamento degli attori, i dialoghi fra Bond ed il suo superiore M o le schermaglie con il giovane capo della sezione tecnologica Q (Ben Winshaw). Da notare positivamente anche Léa Seydoux, Bond Girl decisa ed antipatica quanto basta per ridestare un barlume di interesse assopito altrove dai troppi rallentamenti della narrazione.
L’ impressione finale è che non sia sufficiente blandire i tanti fans cercando di creare un passato coerente con i capitoli precedenti attraverso citazioni più o meno scoperte (e di queste ce ne sono a frotte, dalla scazzottata in treno che richiama quella di Dalla Russia Con Amore, fino al tiro a segno nella sede distrutta dell’ Mi6 che sembra preso di peso dal letale luna park di Christopher Lee/Scaramanga in L’ Uomo Dalla Pistola D’ Oro): quel che era lecito aspettarsi dalla pellicola che avrebbe dovuto dare un senso all’ intero periodo Craig iniziato nel 2006 con Casino Royale, non viene per nulla atteso e nemmeno basta l’ inaspettato – e in fin dei conti fastidioso – finale per rendere Spectre uno dei film meglio riusciti della serie.